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Perché visitare il Museo Archeologico Nazionale di Firenze

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Non è certo il più noto tra i musei di Firenze, eppure il Museo Archeologico Nazionale è un luogo che conquista: dagli Egizi agli Etruschi passando per Greci e Romani. Le maggiori civiltà del passato si raccontano in questo museo.

Un museo egizio a Firenze

Nel 1829 un giovane egittologo pisano, Ippolito Rosellini, partiva alla volta dell’Egitto insieme ad un altro illustre egittologo, Jean-François Champollion, colui che per primo aveva tradotto i geroglifici. Un dipinto, all’ingresso del Museo Egizio di Firenze, raffigura i due studiosi in Egitto, davanti al tempio di Luxor, intenti a spartirsi i reperti rinvenuti nel corso di un anno di esplorazioni tra tombe e templi.

A Firenze, i tantissimi reperti portati da Rosellini confluirono in quello che poi sarebbe diventato il museo archeologico di Firenze. L’allestimento di fine Ottocento, con le sale affrescate e decorate in stile egittizzante, è ben visibile ancora oggi e una sala, quella più suggestiva, dedicata alle mummie, ancora vede impiegate le vetrine di fine XIX secolo, di legno nero con fiori di loto a decorazione.

La collezione egizia del museo archeologico nazionale di Firenze è la seconda in Italia per consistenza e importanza. Tantissimi reperti e tantissimi oggetti di pregio, come il carro in legno, unico nel suo genere: appartenne al fratello di un faraone. Completo di arco, era un carro da caccia realizzato con sette essenze lignee diverse, alcune delle quali importate dal Medio Oriente: una vera Ferrari della XVIII Dinastia.

La sala più suggestiva è quella delle mummie. Sotto una volta stellata e dipinta di blu, tra vetrine egittizzanti in ebano, si trovano sarcofagi dipinti di grande bellezza e loro, le mummie. Chi le vede spesso si chiede se siano vere oppure no: ebbene sì, sono vere, verissime.

mummie - museo archeologico nazionale di firenze
Sala delle mummie nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze, foto di Marina Lo Blundo

Stele iscritte in geroglifico, vasi canopi che contenevano gli organi interni del defunto, scarabei, vasi, gioielli, rilievi dipinti e iscritti, ushabti (le statuette che nell’aldilà indicano i servitori che ogni giorno vanno a lavorare al posto del proprietario della tomba): non manca nulla di ciò che serve a illustrare l’Egitto più antico. In più nelle ultime sale trovano posto anche tessuti di epoca più recente, III-IV secolo d.C., quando l’Egitto dei faraoni non esiste più, ma l’eccezionalità dei rinvenimenti è davvero unica.

Etruschi a Firenze

L’altro grande nucleo della collezione museale è costituito dalla sezione etrusca, che si sviluppa al piano terra, al primo e al secondo piano. Su questo popolo, che precedette i Romani nel centro Italia, aleggia da sempre un certo alone di mistero. C’è chi sostiene che siano giunti in Italia dalle coste della Turchia, chi invece che essi non siano altro che l’evolversi di una cultura indigena del centro Italia, la cosiddetta Civiltà Villanoviana che abitava l’appennino tosco-emiliano nel X-IX secolo a.C.

Gli Etruschi occupano principalmente la Toscana, l’Umbria e l’alto Lazio; oltrepassano l’Appennino a Marzabotto e occupano alcune aree della Campania (Pompei addirittura nasce come centro etrusco!) nella zona di Pontecagnano. Il Museo Archeologico Nazionale di Firenze si concentra sugli Etruschi per così dire toscani, e in parte umbri. Sono esposti corredi funerari, bronzetti votivi di divinità e di animali, urne cinerarie scolpite a rilievo con la figura del defunto semisdraiato a guisa di coperchio, sarcofagi e vasi in bucchero (la ceramica nera tipica degli Etruschi) e dipinti.

E poi c’è lei, la bella tra le belle: la Chimera di Arezzo, una scultura in bronzo che rappresenta il mostro mitologico che aveva corpo e testa di leone, coda a forma di serpente e una testa di capra sul dorso. Questo bronzo, a grandezza quasi naturale, è uno dei capolavori indiscussi dell’arte etrusca. Rinvenuta a metà del Cinquecento ad Arezzo, la Chimera fu subito acquisita da Cosimo I Medici che la volle a Palazzo Vecchio e la rivestì di significati politici e ideologici. Motivo per cui la Chimera, che pur ha mantenuto l’identità di provenienza, Arezzo, però è rimasta a Firenze.

Un museo di capolavori

La Chimera non è l’unico capolavoro del Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Quanto a importanza, infatti, con la Chimera se la gioca un grande vaso attico: il Vaso François.

Il Vaso François è un vaso dipinto a figure nere realizzato ad Atene (perciò viene detto “vaso attico”) da Ergotimos, il vasaio, e Kleitias, il pittore. Esso è dipinto a fregi successivi che riproducono alcuni miti cari al mondo greco: le nozze di Peleo e Teti cui partecipano tutti gli dei dell’Olimpo, i giochi funebri in onore di Patroclo cantati nell’Iliade, la caccia al cinghiale Calidonio, il ritorno a Creta dei giovani ateniesi liberati dal Minotauro, il ritorno sull’Olimpo di Efesto… l’elenco è lungo e potrebbe continuare.

La cosa interessante di questo grande vaso (cratere per la precisione: un grande contenitore per mescere il vino durante i banchetti) è che esso fu rinvenuto dall’archeologo Alessandro François in una tomba etrusca a Chiusi. Da qui la questione, tuttora aperta, su come e perché questo grande vaso, unico nel suo genere per la ricchezza delle sue raffigurazioni e per le dimensioni, sia finito in una tomba principesca etrusca. Al Vaso François è dedicata un’intera sala nella quale il vaso risalta in tutta la sua bellezza.

vaso françois - museo archeologico nazionale di firenze
Il vaso François, foto di Marina Lo Blundo

L’Arringatore è una statua in bronzo rinvenuta a metà del Cinquecento nei pressi del Lago Trasimeno. A grandezza naturale, rappresenta un uomo maturo, Aule Meteli, ritratto nell’atto del silentium manu facere, il gesto con cui i personaggi politici della Roma Repubblicana prendevano la parola prima di un’orazione pubblica. È da questo gesto che la statua prende il nome di Arringatore.

Non solo il gesto, ma anche l’abbigliamento, ovvero la toga praetexta (con i bordi decorati) e i calzari (di tipo “senatorio”) connotano il personaggio come un cittadino romano, anche se etrusco di nascita, come rivela l’iscrizione in lingua etrusca posta sul bordo della toga. La statua, degli inizi del I secolo a.C., rappresenta proprio il momento della romanizzazione, non solo culturale ma anche sociale, politica e artistica dell’Etruria.

Il Sarcofago di Larthia Seianti e il Sarcofago delle Amazzoni sono due oggetti davvero interessanti. Il primo è importante perché raffigura sul coperchio la proprietaria, Larthia Seianti, una ricca donna vissuta a Chiusi nel II secolo a.C. che si fa ritrarre splendidamente vestita e adorna di gioielli. Splendidi i suoi calzari, in cuoio con la fibbia in bronzo; splendidi i gioielli in oro, tra bracciali, orecchini e anelli. Larthia Seianti è dipinta, quindi conosciamo i colori delle vesti e distinguiamo i materiali, i tessuti, i metalli. Conosciamo il suo nome dall’iscrizione sul sarcofago.

Allo stesso modo conosciamo il nome di Ramtha Kuznai, la proprietaria del sarcofago delle Amazzoni. Lei era una signora di Tarquinia, ma il sarcofago, che pure riporta l’iscrizione in etrusco, fu dipinto da un pittore greco. Sulla cassa è dipinta un’Amazzonomachia, ovvero la guerra tra Greci e Amazzoni, le donne guerriere cantate nei miti greci. Alcune scene di battaglia sono davvero intense, oggi come allora, e il colore fa risaltare ancora di più il pathos di alcune scene.

Un museo di meraviglie

Il giardino archeologico del museo è unico nel suo genere: nato come giardino all’italiana nel Seicento, a partire dai primi del Novecento ospita alcune tombe etrusche smontate dal loro luogo di origine e rimontate qui, tombe da Orvieto, da Vetulonia e da Casale Marittimo. Una tomba ricostruita, invece, è il tumulo Inghirami di Volterra, il cui originale è scavato nella roccia: ma all’interno della sua copia sono conservate tutte le cinquantuno urne cinerarie che furono rinvenute all’interno al momento della scoperta. Scendere oggi nella tomba e trovarsele davanti è qualcosa di altamente suggestivo.

Il Corridoio Mediceo è un corridoio che collega il Palazzo della Crocetta, palazzo seicentesco sede del Museo, con la Chiesa della SS. Annunziata. In questo stretto e lungo spazio espositivo trovano posto gemme e cammei di età romana, per la maggior parte appartenuti alla collezione di antichità dei Medici e successivamente dei Granduchi di Lorena. Alcuni piccoli grandi capolavori sono custoditi in queste vetrine, e riproducono divinità, miti, imperatori e imperatrici: l’arte glittica degli Antichi era estremamente sviluppata e non cessa di stupirci.

medagliere-mediceo - museo archeologico nazionale di firenze
Medagliere mediceo, foto di Marina Lo Blundo

Il Monetiere Mediceo e Granducale è invece allestito in una piccola sala affrescata, con arazzi seicenteschi alle pareti. Qui sono state esposte le monete appartenute alla collezione medicea e granducale, più alcuni tesoretti rinvenuti nel corso di scavi archeologici tra fine Ottocento e oggi. Una collezione vastissima e davvero importante per varietà e storia. Gli appassionati di numismatica impazziranno.

Il Museo Archeologico Nazionale di Firenze è un piccolo scrigno che aspetta solo di essere svelato. Le sue collezioni sono davvero importanti per la storia dell’archeologia italiana. Tra l’altro, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze è uno dei pochi musei italiani ad avere un blog aggiornato.

Nonostante ciò, il MAF è ancora poco frequentato dalle grandi masse di turisti di Firenze, il che ne fa un piccolo gioiello da godersi in tutta tranquillità, da assaporare con la giusta calma per lasciarsi trasportare dalla quieta bellezza della nostra storia più antica.

Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Piazza della Santissima Annunziata, 9b
50121 Firenze

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1 commento

Paola 29/05/2020 - 11:13

Onestamente devo ammettere che non conoscevo questo Museo, pur essendo stata a Firenze tre volte.
Spesso scegliamo le attrazioni più note e, infatti, sono sempre tornata agli Uffizi.
Ho imparato molto leggendo questo articolo e, Marina essendo archeologa, è riuscita a farmi tornare alla mente Ramtha Kuznai, di cui avevo fatto in tema alle medie, dopo una gita a Tarquinia.
Grazie di tutte le info!

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