I Musei italiani sono tutti chiusi, da nord a sud, da quelli statali a quelli privati, dall’8 marzo 2020. Dal 18 maggio in avanti con la Fase 2 sono previste le riaperture. E ora più che mai le persone non vedono l’ora di tornare nei musei.
I Musei e la Fase 2. Il punto di vista dei visitatori
Stando ad un sondaggio che ho lanciato sul mio profilo facebook all’indomani dell’annuncio della Fase 2, che individuava nel lunedì 18 maggio l’avvio della riapertura dei musei 864 persone hanno espresso al 47,5 % il desiderio di tornare a visitare musei, mostre e aree archeologiche senza alcun dubbio, possibilmente insieme al proprio partner o con la famiglia e accettando qualsiasi restrizione, limitazione al percorso, nuova regola imposta dal museo, in nome della sicurezza di tutti.
Per contro, un buon 20,6% ha espresso l’intenzione di non voler visitare un museo nel prossimo futuro. Le motivazioni sono le più diverse: chi non nasconde che non è solito visitarli a prescindere, chi ritiene che debbano ricominciare attività più importanti.
In questa percentuali, infine, c’è chi non visiterà i musei perché non si fida delle misure di sicurezza, non necessariamente messe in atto dai musei, ma anche dalle difficoltà di affrontare il contesto, cioè i mezzi pubblici e qualunque altro ostacolo si possa porre in mezzo al tragitto tra casa e il museo.
Infine, un buon 31,9% di persone hanno risposto che “dipende” principalmente dal museo. Se il museo metterà in atto tutti gli accorgimenti utili ad assicurare le necessarie condizioni di visita in sicurezza allora va bene. D’altro canto, però, c’è chi, in questo “dipende” non è disposto a scendere a compromessi, come la chiusura da parte del museo di determinate aree o la contingentazione dei percorsi o qualunque altra soluzione che possa in qualche modo limitare la libertà degli individui di svolgere la propria visita in santa pace. È evidente che questa percentuale dei “dipende” farà pesare molto l’ago della bilancia, in un senso o nell’altro.
I Musei e la Fase 2. Il punto di vista dei musei
I Musei si trovano ora al momento ferale della riapertura. Riaprire un museo in tempi di pandemia non è semplicemente riaprire i battenti e fare come se non fosse cambiato nulla.
In fatto di norme di sicurezza e di salute pubblica, i musei si devono adeguare mettendo in atto tutte le strategie utili e necessarie per garantire la sicurezza dei visitatori ma anche e soprattutto dei lavoratori.
Segnaletica, cartellonistica, sanificazione intensificata, ma anche e soprattutto una forte riflessione su come adeguare la visita per far sì che mai si possano verificare situazioni di pericolo, di assembramento, di impossibilità di far mantenere le distanze e quant’altro, di non adeguatezza delle condizioni igieniche. Occorre ripensare i percorsi museali alla luce di queste nuove norme di sicurezza. Non è impresa che si possa risolvere in 3 minuti.
Oltre a questa problematica, i musei, soprattutto i grandi musei, devono ripensare il loro rapporto col pubblico. Mentre sentiamo che si allentano le maglie delle restrizioni – il che vuol dire che la situazione in Italia e in Europa va migliorando – sicuramente, soprattutto nei primi tempi, il pubblico dei musei sarà un pubblico di prossimità.
Pubblico di prossimità vuol dire la cittadinanza, vuol dire gli abitanti della città, paese, provincia, distretto, regione, a seconda del richiamo dell’Istituzione. Va da sé che chi ha sempre lavorato con un pubblico “locale” – ovvero con le scuole e con le famiglie – c’è già abituato. Tuttavia è ipotizzabile che le scuole per un bel pezzo saranno le grandi assenti dai musei. E allora come fare a dialogare col pubblico della cittadinanza locale?
Il lockdown ha dimostrato che i musei sono in grado di raccontarsi in digitale: l’hanno fatto sui social, l’hanno fatto sui propri siti web. Il lockdown è stata l’occasione per molti musei e istituzioni culturali – archivi, ma anche direzioni regionali, che coordinano l’attività degli istituti MiBACT nelle regioni – per parlare col pubblico attraverso i social.
La risposta nelle prime settimane è stata a dir poco esaltante: i musei hanno risposto esattamente al bisogno degli Italiani di non sentirsi abbandonati. Spesso, forse, i Musei hanno pure esagerato, creando e sovracreando contenuti che soprattutto sui social, lo sappiamo bene, hanno una visibilità limitata temporalmente.
Però il grande merito è stato, col senno di poi, quello di aver tenuto alta l’attenzione sulla popolazione. O almeno sulla popolazione che visita, visiterebbe, ha visitato e visiterà i musei.
Musei e Fase 2. Cosa succederà ora?
I Musei hanno imparato molto dal lockdown. Hanno imparato che non ha più senso procrastinare la digitalizzazione delle proprie collezioni, intendendo con essa la possibilità di rendere fruibile online a 360 gradi ogni opera esposta corredandola di un apparato informativo che possa soddisfare qualsiasi livello di informazione e di approfondimento che un utente possa avere.
Si sono resi conto della necessità non soltanto di avere un pubblico di visitatori reali, ma anche di visitatori potenziali, che sono quelli che oggi non possono venire per i motivi più disparati ma che un giorno, perché no, potrebbero. I Musei si stanno preparando a superare la dicotomia tra esperienza digitale ed esperienza reale: non sono due aspetti in contrapposizione, ma anzi, sono assolutamente complementari.
Dal punto di vista del pubblico la riapertura dei musei dev’essere colta come un’opportunità tra le tante che la Fase 2 permette di riconquistare. Col senno di poi, l’annuncio dell’apertura dei musei a partire dal 18 maggio ha puntato l’attenzione proprio sui musei, solitamente esclusi da ogni discorso di promozione turistica, con la sola eccezione di pochissime realtà di eccellenza italiane, e ponendoli dunque al centro del dibattito.
Sicuramente dovremo ripartire dall’Italia, stando anche allo slogan che da più parte il Governo italiano ci trasmette, per cui chi avrà la possibilità, economica innanzitutto, di potersi spostare quest’estate, avrà la grande opportunità di riscoprire il nostro patrimonio culturale. Un patrimonio che mai come oggi è stato così desiderato.
I tempi sono maturi perché si possa creare una sinergia, una serie di belle opportunità di crescita, in cui i Musei possano davvero incontrare le persone e viceversa, in cui si abbattano le barriere tra visitatore e istituzione museale.
I Musei hanno bisogno delle persone, hanno bisogno di svolgere il loro ruolo di educatori e attrattori culturali.
Allo stesso tempo le persone, i visitatori, devono vedere nei musei un luogo attraente tanto quanto una serata al cinema o un pranzo fuori. Se poi, nella prospettiva della ripartenza economica dei territori, vogliamo abbinare la visita al museo al pranzo fuori – naturalmente sempre in sicurezza – ancora meglio.
21 commenti
Aspetto con ansia la possibilità di visitare di nuovo un museo. Sono però d’accordo con te che questa può essere l’occasione e l’opportunità per pensare a musei più “accoglienti”. Vivendo a Londra sto apprezzando la realtà museale anglosassone, dai cui si possono trarre spunti interessanti.
Ho letto che da qualche giorno ha riaperto il Colosseo e mi piacerebbe molto portarci mio figlio. L’unica cosa che mi blocca un po’ è il tutto esaurito quasi subito… Bisognerà armarsi di santa pazienza, credo, per riuscire a viversi di nuovo una bella esperienza in unn museo. Personalmente non vedo l’ora.
Se vieni a visitare gli Scavi di Ostia antica non hai bisogno di prenotare 😉
Conosco i musei anglosassoni davvero molto poco per mia diretta esperienza, ma so che sono all’avanguardia su molti fronti, proprio perché in Gran Bretagna è molto più sviluppato il concetto di “pubblico”: ad esempio la “public archaeology” in Gran Bretagna è a tutti gli effetti una disciplina, mentre da noi ancora si fanno didascalie criptiche per descrivere un oggetto in una vetrina di un museo…
L’opportunità di visitare i musei con meno persone all’interno potrebbe essere utilizzata come vantaggio: hai meno distrazioni e puoi goderti la visita con calma e silenzio. Il contingentare le entrate non riduce i turisti. Un esempio è il Cenacolo Vinciano, aperto solo su prenotazione. Tutti abbiamo bisogno di bellezza e siamo disposti ad aspettare un po’ di più per poterla godere con più serenità.
Hai ragione. Il problema della contingentazione come nuova prassi è un problema per quei grandi Luoghi della Cultura che non l’hanno mai avuta (v. Colosseo) e che ora inevitabilmente si trovano a far fronte con introiti minori per forza di cose. La verità è che avevano tirato troppo la corda prima.
Sicuramente alcune cose dovranno cambiare, ma non vedo l’ora di poter tornare a visitare musei!
Guarda, ogni volta che visito un museo affollato, mi passa la voglia… Chissà che la minore presenza di persone non mi faccia vivere quel museo in modo quasi esclusivo. Certo, spero non diventino dei luoghi asettici (come sta succedendo per i ristoranti), altrimenti si perde una parte importante della frazione. Che dire? Attendiamo…
Non vedo l’ora che i musei riparano i battenti, credo che mai come in questo periodo abbia sentito la mancanza dell’arte nella mia vita. Al tempo stesso però concordo con te Marina. Questo momento potrebbe portare a una gestione più accurata volta meno alla massa e più alla valorizzazione dell’esperienza. Di certo non sarà facile!
Da qualche anno il concetto di museo è molto cambiato e adesso le visite sono tematiche con percorsi che creano aspettative e invogliano alla visita. Fortunatamente non è più una semplice scarpinata tra le opere d’arte per poi non ricordare quasi nulla. Credo che anche il fatto di dover “contingentare” le entrate possa essere un fatto positivo, meno gente=meno confusione=più tempo per ammirare le opere e quindi per capirle. Io non vedo l’ora di tornare a frequentare mostre e musei e credo di essere la sola!
Come hai ben detto i musei hanno dovuto affrontare la sfida della digitalizzazione: soprattutto i più piccoli soffrono di questa grave mancanza dettata da diverse variabili. Quelli della mia città hanno, più o meno, cercato di sopperire alla chiusura con alcuni webinar e attività a distanza ma ora la sfida sarà la riapertura: io domenica 24 torno al museo, perchè #laculturanonsiferma. Saranno pronti i musei?
Sarà sicuramente diverso e bisognerà abituarsi ad un nuovo modo di fruire i musei. Ma chi ha voglia di cultura supererà anche questa!
Personalmente ho apprezzato molto il modo in cui alcuni musei hanno cercato di sopperire alla chiusura forzata digitalizzandosi e cercando di mantenere vivo l’interesse per la cultura nella popolazione. Credo che questo sarà un fattore determinante anche in questo periodo di riapertura, per non abbandonare le persone che ancora non se la sentono di tornare a visitare i musei dal vivo.
A me sono mancati i musei in questo periodo, mi sono fatta dei bei tour virtuali, certo, ma non potranno mai sostituire l’andarci dal vivo!
Io ho iniziato a vivere la fase 2 in maniera molto cauta ma non vedo davvero l’ora di poter tornare a vivere un museo come dico io: con calma e tanta bellezza attorno a me.
I musei ne hanno risentito moltissimo e avendo molti amici che lavorano nel settore della promozione museale so che sono molto preoccupati. Il problema sono le mostre che senza soldi è difficile proporre. E le maggiori difficoltà le avranno i musei piccoli. Io da parte mia mi sono impegnata con me stessa ad andare a visitare un museo della mia provincia al mese. Anche quelli piccoli. Anzi, soprattutto quelli piccoli.
Penso che questa possa essere un’opportunità per riscoprire appunti i musei che ci sono vicini casa, ma non solo se ci si sta organizzando per gite fuori porta nel resto d’Italia. Il fatto che meno della metà delle persone del sondaggio ritornerebbe a visitare, potrebbe far sì che i musei non siano così pieni e permetterebbe di godersi meglio la visita! Mi sembra anche interessante il fatto che il covid sia stata un’occasione per alcune istituzioni museali per intraprendere la strada delle digitalizzazione.
Questa settimana ho ripreso a visitarli anch’io e devo dire che mi sono sentita molto sicura, in primis perché TUTTI devono tenersi la mascherina, c’erano dispenser con gel disinfettante mani in ogni angolo e mi hanno rilevato la temperatura in entrata. Inoltre, c’era l’obbligo di prenotazione online perché gli accessi sono contingentati. Il museo in questione era Il Palazzo delle Esposizioni a Roma, ho visitato ben due mostre: Jim Dine e World Press Photos. Che dire, mi era mancato così tanto inondarmi di cultura! È stato bellissimo riprendere
Ho visitato qualche museo e ho apprezzato molto l’organizzazione con percorsi ben indicati con frecce e poi erano quasi vuoti, l’ideale per chi desidera soffermarsi a vedere le cose che ritiene più interesanti. Certamente è uno svantaggio peri musei che con pochi visitatori incassano ben pochi soldi.
La riapertura dei musei è stata una bella cosa dopo il lockdown, perché sebbene la chiusura forzata sia stata una spinta verso una maggiore presenza online… visitarli dal vivo rimane un’altra cosa. Speriamo che in futuro si possa creare una vera sinergia fra con i servizi online, che fino a quest’anno sono stati spesso pochi e un po’ carenti.
Come laureata in storia dell’arte, la chiusura di musei, mostre e aree archeologiche in primavera e di nuovo ora è stata davvero un colpo al cuore. Nei mesi di riapertura ho visitato due mostre a Roma e due musei a Torino e mi è sembrato che tutte le misure necessarie fossero state prese, anche se a volte, come i 5 minuti di visita per ogni sala della mostra di Raffaello, un pò frustranti. Molti musei, come quello egizio di Torino, hanno fatto un ottimo lavoro di presenza online, ma ovviamente la visita in situ è tutta un’altra cosa. Speriamo davvero si possa tornare presto a visitarli!