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Le strade di Longyearbyen alle isole Svalbard

Longyearbyen: un luogo di frontiera dove sentirsi a casa

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Ci sono luoghi che inaspettatamente ed inevitabilmente lasciano la loro impronta nel cuore. Longyearbyen è uno di questi. Una manciata di case e di anime così vicino al Polo Nord da condividerne il mare. 78° Nord. Il centro abitato più a nord del globo: abitato da coraggiosi, renne e orsi polari. E visitato da avventurieri.

Quel senso di comunità a mille chilometri dal Polo Nord.

Trovarsi a Longyearbyen in inverno fa entrare a pieno diritto in un elenco di avventurieri, di amanti dell’estremo, di cercatori di tesori. La cosa che stupisce di più appena si arriva a Longyearbyen è il profondo senso di comunità che si percepisce. Una comunità che non si limita ai duri&puri residenti, ma che vi ingloba non appena scesi dall’aeroplano.

A Longyearbyen si lasciano scarponi e giacche all’ingresso dei locali, senza il timore di non ritrovarli al ritorno. Si cammina scalzi nei pub, si beve la birra prodotta dal birrificio artigianale più a nord del mondo, si mangiano le costine con le mani succhiando dalle dita il sugo. A Longyearbyen in inverno ci si sposta in motoslitta o a piedi, si incontrano renne o volpi artiche, e quasi mai orsi polari, ma sapere che forse vi osservano nel buio della notte artica è un carico di adrenalina difficile da spiegare.

A Longyearbyen si entra nel tepore di un locale che in un attimo diventa come il soggiorno di un amico che non vedete da una vita. A Longyearbyen si tergiversa sotto le stelle nella speranza inspiegabile di vedere le luci verdi che danzano in cielo, inondando l’Artico del loro suono. A Longyearbyen l’Artico si sveglia, in marzo, e i fortunati spettatori diventano una piccola strana famiglia di eletti, pronti a riconoscere le sfumature di viola e arancione e rosa che inondano il cielo nelle ore in cui il sole spolvera la neve con i suoi raggi. A Longyearbyen domina il bianco, in tutte le sue sfumature.

Il deserto freddo e indomabile fuori dai confini di Longyearbyen

Basta allontanarsi di qualche decina di metri da quel piccolo centro abitato fatto di case in legno per ritrovarsi immediatamente assorbiti dal secondo deserto più grande del Mondo. È l’Artico, che raggiunge con le sue propaggini l’isola triangolare di Spitsbergen. Con qualche accelerata di motoslitta, i pochi segni di civiltà si perdono nell’orizzonte.

Tutt’intorno, c’è solo bianco. Il bianco della neve. Il bianco delle renne. Il bianco dell’acqua trasformata in ghiaccio. Il bianco del cielo, in quel breve momento tra la notte e il giorno. A marzo si vive un crepuscolo perenne. Il bianco si tinge di colori pastello, blu, viola, arancione, ma resta bianco, di un biancore impalpabile e instancabile.

La motoslitta corre sulla neve, scoda sui fiordi ghiacciati. Dentro le tute termiche si percepisce solo l’adrenalina della corsa e la meraviglia. Sì, è la meraviglia che domina l’anima: un essere umano, indifeso, minuscolo, nell’immensità di quel paesaggio ghiacciato, selvaggio e bellissimo… è un’emozione così difficile da raccontare. Si resta a bocca aperta. Si vuole solo respirare e guardare e stampare a fuoco vivo nel cuore quel ricordo.

Longyearbyen motoslitta
Muoversi con la motoslitta a Longyearbyen

Lo sguardo scruta l’orizzonte: speranzosi, gli occhi cercano di distinguere il bianco di un orso polare dal bianco della neve. Invano? A volte sì, a volte no. Le guide scrutano con altrettanta attenzione il deserto artico: l’incontro con un orso deve essere monitorato, supervisionato, controllato. Sono animali selvaggi, l’Artico è ancora la loro casa e l’essere umano è un intruso. Le guide viaggiano armate, sono istruite a difendere non solo l’uomo ma anche l’animale. Abbiamo tutti letto dell’orso polare abbattuto mesi fa perché avrebbe attaccato dei turisti… per questo è così importante affidarsi ad agenzie serie, che si preoccupino del benessere degli animali permettendo a noi di osservarli senza invadere il loro territorio.

Quando il cielo danza e canta: lo spettacolo più emozionante della vita

Alcune emozioni della vita sono difficili da spiegare. Sono così totalizzanti da parlare direttamente all’anima. Annichiliscono nel senso più bello e completo esistente. D’un tratto si alza lo sguardo al cielo, o si sente qualcuno sussurrare “Northern lights!”. Il collo esteso verso il cielo, gli occhi increduli: nel cielo un serpente verde sta danzando! Le luci sono a tratti fioche a tratti intensissime. Il cielo pulsa di luce e di suoni.

Avete capito bene: l’Aurora Boreale ha un suono. È come un basso whooom, risuona facendo vibrare una corda dell’anima che fino a quel momento era rimasta in silenzio. E invece è quella corda che risuona in tutto il vostro spirito. Il cielo e l’anima, in una risonanza sospesa: potrebbe esistere qualcosa di più sublime?

Con l’Aurora Boreale sopra la testa, ci si dimentica della fotocamera, ci si dimentica della persona accanto, ci si dimentica di tutto e si resta ammutoliti ad osservare. Ci sono cose che entrano prepotenti nel cuore: l’alba che arriva sopra le nuvole, o lo strapiombo di un canyon.

Altre cose, invece, camminano in punta di piedi e ci avvolgono, come il tramonto nel deserto o l’Oceano Pacifico intorno ai piedi. E poi, c’è l’Aurora Boreale, che è sempre stata lì, nella piega più profonda dell’anima: una cellula speciale nella parte più profonda dell’Io dedicata a riconoscerla. Ecco cosa è, in definitiva: un riconoscere se stessi nelle pieghe del cielo. Viaggiatore, resta lì, inondato di luce e rumore. Confondi il tuo confine con la pellicola lieve del cielo che ti si deposita sulla pelle. L’unico rullino che ti serve avere con te, è la tua retina.

paesaggio artico Longyearbyen
Il paesaggio artico di Longyearbyen

Longyearbyen, Svalbard. Una frontiera a nord. Un luogo dove la natura continua a comandare. Dove essere uomini significa sentirsi piccoli e inchinarsi allo stupore. Un luogo dove si può ancora ammutolire di fronte alla semplicità di un’aurora infinita. Dove pochi temerari osano sfidare i propri limiti. Un luogo, una parola, anzi due: Longyearbyen, Svalbard.

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5 commenti

Benedetta Manganaro 22/05/2019 - 13:05

Non amo il freddo, non amo il Grande Nord. Ma qui ci andrei di corsa a mangiare costine con le mani e ad immaginare orsi fuori, laggiù all’orizzonte. Si sente forte il senso del viaggio, il piacere della scoperta…complimenti! Brava!
È un piacere leggerti

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Virginia Bovolo 26/05/2019 - 17:20

Benedetta, che dirti se non grazie di cuore!

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Jessica 01/06/2019 - 22:27

Un luogo capace di conquistare l’anima semplicemente grazie ad un racconto. Le Svalbard, l’aurora boreale, sono tra quelle cose che spero di vedere prima di lasciare questa terra, tra quelle esperienze che sono certa possano cambiare le persone (un pochino, almeno). L’escursione in motoslitta dev’essere una grande emozione. Grazie, Virginia, per aver condiviso con noi questa tua splendida avventura. ?

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Virginia 02/07/2019 - 19:35

Grazie a te Jessica ☺️

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Claudia 20/10/2023 - 06:09

Che luogo incredibile che sembra davvero affascinante! Non sapevo poi che l’aurora avesse anche un suono!

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